Videogiochi

Fnaf

Five Nights at Freddy’s è la creatura, almeno inizialmente, di un tizio di nome Scott Cawthon, devoto cristiano e programmatore di alcuni giochi d’avventura a tema religioso con titoli come Pilgrim’s Progress The Desolate Hope. (tutta questa roba, se volete, è raccontata).Giochi che, nel 2012 appunto, andarono malissimo, al punto da far venire a Cawthon una crisi mistica, dalla quale uscì programmando un pucciosissimo ma ateo giochino di costruzioni, Chipper & Sons Lumber Co. Chipper & Sons uscì nel 2014, quando ancora su Internet tirava molto fare recensioni di videogiochi brutti e sconosciuti ma in qualche modo memorabili: di solito ne uscivano pezzi che servivano più a coltivare l’ego di chi li scriveva con tutta la verve polemica di cui la nostra specie è capace quando deve giudicare l’opera altrui; Chippers & Sons in particolare aveva un design dei personaggi che li rendeva terrificanti invece che pucciosi, e questa cosa venne messa in evidenza in parecchie recensioni derisorie dell’epoca.
Cawthon reagì decidendo quindi di creare un vero gioco dell’orrore partendo da quella base, e scegliendo come killer dei grossi animatroni a forma di animali antropomorfi. Five Nights at Freddy’s, uscito nel 2014, era un gioco di sopravvivenza: vi si interpretava Mike, guardia di sicurezza di una pizzeria abbandonata e infestata dai suddetti pupazzoni. Con a disposizione solo alcune telecamere di sicurezza, porte da aprire e chiudere e una limitata quantità di elettricità, si trattava di sopravvivere per cinque (sette, in realtà) notti consecutive all’assalto dei robot (che poi dal terzo gioco diventano pupazzi posseduti dagli spiriti di bambini ammazzati da un serial killer, ma ci torno).
Il motivo del successo di Five Nights at Freddy’s, che l’ha portato a diventare una delle più famose tra le cose famose che non sapevi neanche che esistessero finché non le hai scoperte insieme a Roblox e al K-pop, è che era un gioco completamente disinteressato alla violenza. Al mostrarla, intendo dire: lo scopo era non farsi beccare dai mostri, e quando questo succedeva si veniva premiati con un bel jump scare, una schermata un po’ disturbata e poi via, a ricominciare tutto da capo. Era un gioco che non faceva vedere nulla e puntava tutto sugli spaventerelli improvvisi, sulla roba che esce dagli angoli bui, sulla figura che appare nello specchio poi ti giri e non c’è. Era l’horror per chi non sopportava il sangue, e voi non avete idea di quanta gente rientri in questa definizione.

Angela Rossi 2B
(articolo tratto da: www.esquire.com)